Palladian Travel Experience
The Best of Rome
DAY 1
November 23
TAPPA 1A
da Palazzo Valmarana Braga to 1B
Km 0,9 - min 3
TAPPA 1B
da 1B a 1C
Km 1,2 - min 4
TAPPA 1C
da 1C a Villa Trissino ai Cricoli
Km 0,7 - min 2
TAPPA 2A
da Villa Trissino ai Cricoli a 2B
Km 7,5 - min 25
TAPPA 2B
da 2B a Villa Caldogno
Km 4 - min 14
TAPPA 2C
from 2B to Villa Caldogno
Km 2,4 - min 7
TAPPA 3
from Villa Caldogno to Risorgive del Bacchiglione
Km 3,8 - min 11
TAPPA 4
from Risorgive del Bacchiglione to Villa Da Porto Pedrotti
Km 2,2 - min 7
TAPPA 5
from Villa Da Porto Pedrotti to Villa Da Porto Casarotto
Km 1,3 - min 4
TAPPA 6A
from Villa Da Porto Casarotto to 6B
Km 1,6 - min 5
TAPPA 6B
from 6B to Villa Valmarana Bressan
Km 3,0 - min 9

TAPPA 7A
from Villa Valmarana Bressan to 7B
Km 5,5 - min 17
TAPPA 7B
from 7B to Villa Valmarana Scagnolari Zen
Km 9 - min 27
TAPPA 8
from Villa Valmarana Scagnolari Zen to Villa Thiene
Km 2,0 - min 6
TAPPA 9A
from Villa Thiene to 9B
Km 1,5 - min 5
TAPPA 9B
from 9B to 9C
Km 0,3 - min 1
TAPPA 9C
from 9C to Villa Tacchi di Quinto
Km 0,6 - min 2
TAPPA 10
from Villa Tacchi di Quinto to Villa Ghislanzoni Curti
Km 3,1 - min 9

TAPPA 11
from Villa Ghislanzoni Curti to Villa Gazzotti Grimani
Km 0,2 - min 1
TAPPA 12A
from Villa Gazzotti Grimani to 12B
Km 6,1 - min 18
TAPPA 12B
from 12B to Fiume Tesina
Km 1,9 - min 6
TAPPA 13
from Fiume Tesina to Villa la Rotonda
Km 7,5 - min 23
TAPPA 14A
da Villa la Rotonda a 14B
Km 1,7 - min 5
TAPPA 14B
da 14B a Palazzo Valmarana Braga
Km 0,9 - min 3

da Palazzo Valmarana Braga a 1B
0,9 km
3 min
Mi chiamo Andrea di Pietro della Gondola, ma tutti mi conoscono come il Palladio.
Saremo a breve nel luogo in cui conobbi il mio mentore, colui che mi offrì la possibilità di una vita nuova insieme al nome nuovo.
E poi andremo oltre, girando intorno a Vicenza, la città che mi adottò e che senza dubbio è “la mia” città”, per quanto io sia padovano.
​
Ma fu Vicenza, furono gli artisti che gravitavano attorno a Vicenza, e furono soprattutto i nobili di Vicenza, molti dei quali miei amici oltre che committenti, coloro che posero nuove fondamenta alla mia storia, e che la adornarono di una grandezza che mai avrei immaginato.
Come Giovanni Alvise Valmarana, uno dei grandi uomini di quella città, certamente un riferimento per molti della fazione cosiddetta “imperiale”, quella più nutrita, delle famiglie che sedevano in Consiglio. Fu lui, insieme al Trissino di cui parlerò a breve, e a Gerolamo Chiericati, a spendersi sul mio nome quale progettista e direttore dei lavori (si direbbe oggi) dell'opera pubblica decisamente più importante della città, una tra le più importanti dell'epoca nel nord Italia, ovvero la ricostruzione delle Logge della Basilica.
Pareva impossibile essere scelto al posto del Sansovino, di Giulio Romano, di Sebastiano Serlio.. e invece così fu. La mia storia, o meglio la storia del Palladio, allora era già cominciata.
​
Cavalcheremo insieme, per le ville che adornano come una collana la città da cui stiamo partendo.
Sarà come aprire alcune pagine di un libro, in disordine, come il fato ha voluto che fosse nel dare una sua geografia al mio cammino.
7min

da Villa Trissino i Cricoli a 2B
7,5 km
25 min
Eccoci dove tutto è cominciato. Sulla soglia dei trent'anni, qui, ero lo specialista d'architettura di quella che oggi sarebbe chiamata un'impresa edile; ormai da più di dieci anni mi ero fatto conoscere ed apprezzare, prima come abile scalpellino, poi per il mio interesse e il mio gusto per gli aspetti compositivi. Nei limiti ovviamente imposti dagli architetti o direttamente dai clienti.
​
Così il conte Giangiogio Trissino dal Vello d'Oro, qui mi illustrava i suoi disegni per il rinnovamento della facciata principale, nel tratto compreso tra le due torri angolari.
Fantastico: finalmente un'architettura rinascimentale a Vicenza, ed io avrei coordinato i lavori. E pure, il Conte mi chiedeva un parere, cercava il mio intelletto, spinto dalla mia curiosità.
Ecco che la solita facciata gotica veneziana veniva demolita e rifatta alla moda di un palazzo fiorentino o romano del tempo.
​
Conoscevo ciò che ben da prima che nascessi stava succedendo poco più a meridione di noi, la maniera nuova di far palazzi e ville con gli elementi architettonici degli antichi. Avevo visto molti disegni a casa di Valerio Belli, intagliatore di pietre preziose famosissimo e pagatissimo che lavorava per i papi su disegni di Michelangelo e Raffaello: ero molto amico di suo figlio, e spesso mi recavo in quel palazzo che era praticamente un museo di antichità.
Me ne aveva parlato Antenore Pagello, e ora me ne parlava il Conte Trissino, quell'uomo con una visione così nuova e alta, che capii più avanti con gli anni, in me stava cercando il suo architetto, quello che la sua visione l'avrebbe realizzata.
7min

to Villa Valmarana Scagnolari Zen
9,0 km
27 min
Dei Loredan, nostri grandi rivali al tempo, rimangono diverse costruzioni, qui in Veneto, che portano il loro nome; si pensi al celebre Palazzo Loredan dell'Ambasciatore nel sestiere di San Marco, a Venezia, affacciato sul Canal Grande.
Ma vi è anche una magione di campagna, nei dintorni di Stra, degna di nota, nata più o meno negli anni in cui nacqui io.
Ricordo bene quella villa.
Un paio di secoli più tardi, quando Francesco Loredan fu eletto doge, decise di intervenire sulla villa, cercando di renderla più consona la rango e ai prestigi raggiunti nella sua carriera.
L'intero complesso venne letteralmente messo a soqquadro per attuare una radicale ricostruzione, riutilizzando parte delle antiche strutture d'origine cinquecentesca.
Fu così che i due nuovi corpi di fabbrica vennero adibiti a due funzioni distinte: quello occidentale venne riservato all'uso del padrone, mentre quello orientale all'uso del gastaldo e ad altri salariati.
Vite nuove per vecchi edifici. Assolutamente normale, chè la dimora di famiglia è lo scrigno della sua storia.
Conoscere veramente una villa significa studiare, ricostruire, investigare ogni sua rinascita, ad ogni nuova generazione che l'hanno vissuta, ad ogni nuova vita che le è stata donata, che ha assunto la villa stessa.
7min

to 9C
0,3 km
1 min
La vita è come un fiume ed io, percorrendo il Naviglio, sto rivisitandola.
La mia infanzia è stata solitaria e segnata da una progressiva serie d'amarezze, tant'è che l'unico mio fratello morì quand'era solo un bambino... Mio padre era Jacopo Foscari, lo sventurato figlio del famoso doge veneziano Francesco Foscari. Solo nei primi anni della mia vita potei conoscerlo; ricordo che eravamo una famiglia “da salotto”, molto ricca, ma ricca anche di traversie. Quando avevo dieci anni, mio padre scomparve.
​
E poi? Chi avrebbe mai detto, nella mia gioventù, che un giorno sarei entrato a far parte degli elettori del doge e tra i membri del Consiglio dei dieci? Ebbene sì; anche io facevo parte di quello che si poteva chiamare il patriziato di Venezia.
Cos' anche io, come moltissimi altri nobili, del resto, ero solito trasferirmi in campagna, con ciclica cadenza. C'è chi si è ritirato in campagna per sfuggire alla peste, in taluni oscuri periodi che la Serenissima ha veduto, ma non era certo il mio caso.
Ma lo scopo vero della villeggiatura era un solenne, infinito imperativo a godere.
Così fu anche per le generazioni successive, dopo la mia morte. Ancor più forse.
La lenta decadenza di Venezia venne vestita a festa, e il seicento e il settecento vantano forse il patrimonio più ricco.
E l'ultimo secondo della nostra Repubblica, fu all'insegna d'una vita dedita al divertimento e all'ostentazione. Simbolo di tutto ciò, divennero le feste che, organizzate all'interno di queste ville sorte lungo la Riviera del Brenta, erano solite durare anche più d'un giorno.
E allora era necessario dare ospitalità agli invitati, ma il palazzo di famiglia era sufficiente solo per i famigliari.
E si sceglieva dunque di trasformare le barchesse della villa nelle “foresterie”, adibite per accogliere i “foresti”, ossia i parenti e gli amici, al fine d'assolvere quest'esigenza.
I balli, i pranzi, le cene, gli incontri nuovi, le mascherate, fino alla fine. Fino alla fine.
​
Eh sì, siamo giunti alla fine di questa storia, e alla fine di questa giornata.
Nobiltà ci ha dunque accompagnati, e io le sono grato, chè ci ha mostrato senza riserve i luoghi in cui ha dimorato con grande gioia e leggerezza.
Un brindisi alla Riviera, a San Marco e a Venezia!
7min

to Villa Gazzotti Grimani
0,2 km
1 min
La vita è come un fiume ed io, percorrendo il Naviglio, sto rivisitandola.
La mia infanzia è stata solitaria e segnata da una progressiva serie d'amarezze, tant'è che l'unico mio fratello morì quand'era solo un bambino... Mio padre era Jacopo Foscari, lo sventurato figlio del famoso doge veneziano Francesco Foscari. Solo nei primi anni della mia vita potei conoscerlo; ricordo che eravamo una famiglia “da salotto”, molto ricca, ma ricca anche di traversie. Quando avevo dieci anni, mio padre scomparve.
​
E poi? Chi avrebbe mai detto, nella mia gioventù, che un giorno sarei entrato a far parte degli elettori del doge e tra i membri del Consiglio dei dieci? Ebbene sì; anche io facevo parte di quello che si poteva chiamare il patriziato di Venezia.
Cos' anche io, come moltissimi altri nobili, del resto, ero solito trasferirmi in campagna, con ciclica cadenza. C'è chi si è ritirato in campagna per sfuggire alla peste, in taluni oscuri periodi che la Serenissima ha veduto, ma non era certo il mio caso.
Ma lo scopo vero della villeggiatura era un solenne, infinito imperativo a godere.
Così fu anche per le generazioni successive, dopo la mia morte. Ancor più forse.
La lenta decadenza di Venezia venne vestita a festa, e il seicento e il settecento vantano forse il patrimonio più ricco.
E l'ultimo secondo della nostra Repubblica, fu all'insegna d'una vita dedita al divertimento e all'ostentazione. Simbolo di tutto ciò, divennero le feste che, organizzate all'interno di queste ville sorte lungo la Riviera del Brenta, erano solite durare anche più d'un giorno.
E allora era necessario dare ospitalità agli invitati, ma il palazzo di famiglia era sufficiente solo per i famigliari.
E si sceglieva dunque di trasformare le barchesse della villa nelle “foresterie”, adibite per accogliere i “foresti”, ossia i parenti e gli amici, al fine d'assolvere quest'esigenza.
I balli, i pranzi, le cene, gli incontri nuovi, le mascherate, fino alla fine. Fino alla fine.
​
Eh sì, siamo giunti alla fine di questa storia, e alla fine di questa giornata.
Nobiltà ci ha dunque accompagnati, e io le sono grato, chè ci ha mostrato senza riserve i luoghi in cui ha dimorato con grande gioia e leggerezza.
Un brindisi alla Riviera, a San Marco e a Venezia!
7min

to Villa la Rotonda
7,5 km
23 min
La vita è come un fiume ed io, percorrendo il Naviglio, sto rivisitandola.
La mia infanzia è stata solitaria e segnata da una progressiva serie d'amarezze, tant'è che l'unico mio fratello morì quand'era solo un bambino... Mio padre era Jacopo Foscari, lo sventurato figlio del famoso doge veneziano Francesco Foscari. Solo nei primi anni della mia vita potei conoscerlo; ricordo che eravamo una famiglia “da salotto”, molto ricca, ma ricca anche di traversie. Quando avevo dieci anni, mio padre scomparve.
​
E poi? Chi avrebbe mai detto, nella mia gioventù, che un giorno sarei entrato a far parte degli elettori del doge e tra i membri del Consiglio dei dieci? Ebbene sì; anche io facevo parte di quello che si poteva chiamare il patriziato di Venezia.
Cos' anche io, come moltissimi altri nobili, del resto, ero solito trasferirmi in campagna, con ciclica cadenza. C'è chi si è ritirato in campagna per sfuggire alla peste, in taluni oscuri periodi che la Serenissima ha veduto, ma non era certo il mio caso.
Ma lo scopo vero della villeggiatura era un solenne, infinito imperativo a godere.
Così fu anche per le generazioni successive, dopo la mia morte. Ancor più forse.
La lenta decadenza di Venezia venne vestita a festa, e il seicento e il settecento vantano forse il patrimonio più ricco.
E l'ultimo secondo della nostra Repubblica, fu all'insegna d'una vita dedita al divertimento e all'ostentazione. Simbolo di tutto ciò, divennero le feste che, organizzate all'interno di queste ville sorte lungo la Riviera del Brenta, erano solite durare anche più d'un giorno.
E allora era necessario dare ospitalità agli invitati, ma il palazzo di famiglia era sufficiente solo per i famigliari.
E si sceglieva dunque di trasformare le barchesse della villa nelle “foresterie”, adibite per accogliere i “foresti”, ossia i parenti e gli amici, al fine d'assolvere quest'esigenza.
I balli, i pranzi, le cene, gli incontri nuovi, le mascherate, fino alla fine. Fino alla fine.
​
Eh sì, siamo giunti alla fine di questa storia, e alla fine di questa giornata.
Nobiltà ci ha dunque accompagnati, e io le sono grato, chè ci ha mostrato senza riserve i luoghi in cui ha dimorato con grande gioia e leggerezza.
Un brindisi alla Riviera, a San Marco e a Venezia!
7min
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to Villa Da Porto Pedrotti
2,2 km
7 min
Nell'ultimo secolo della Serenissima, il viaggiatore che affrontava l'allora tradizionale “Tour d'Italie”, come si suol dire oltralpe, a bordo del burchio, la tipica imbarcazione rivierasca, risaliva il Brenta da Venezia a Padova e poteva ammirare in una delle anse formate dal fiume uno dei gioielli del barocco veneziano: il complesso di Villa Widmann.
La conobbi diversa, questa architettura, ai miei tempi.
​
Ma quando i Serimann, nobili veneziani di persiana origine, decisero di cedere la villa ai Widmann, essa venne modernizzata, venendo adeguata al gusto rococò francese molto in voga all'epoca.
Come molte altre, anche tale dimora mi regala la vista d'un parco a dir poco rigoglioso; tigli, cipressi ed ippocastani fanno la loro bella figura, assieme a numerose statue in pietra tenera raffiguranti i muti protagonisti del mondo arcadico, quali dei, ninfe ed amorini.
​
Consiglio di entrare.
Io almeno - non avendo da chiedere il permesso a nessuno - entro.
7min

to Villa Valmarana Bressan
3,0
9 min
Ho deciso d'intraprendere un viaggio in questa riviera, a me rimasta assai cara, e ripercorrere le tracce lasciate dalle famiglie patrizie qui vissute per molti secoli, anche dopo la mia dipartita.
Da allora, ho osservato dall'alto il periodo d'oro cominciare a offuscarsi, fino il tramonto della più longeva repubblica della storia.
Ho visto senza occhi ma con il dolore del mio spirito patrizio, la fine della nostra amata Serenissima, per mano di quel Napoleone, che barbaro conquistatore ha inferto il colpo mortale anche all'usanza della villeggiatura nobiliare nella nostra Riviera del Brenta.
​
Potremmo domandarlo alla “regina delle ville venete”, a Villa Pisani.
Potremmo domandarle come ospitò, nelle sue oltre cento stanze, innumerevoli dogi, re e imperatori, nel tempo.
Resto dolorante nell'ascoltare il sussurro di queste mura, e sono tristemente a bocca aperta quando, osservando il soffitto della maestosa sala da ballo, scorgo l'affresco di Tiepolo dedicato alla “Gloria della famiglia Pisani”, la nostra ricchissima e potentissima famiglia di banchieri.
​
Fuori dalla dimore, scenografiche visioni m'investono, mentre la lieve brezza m'avvolge, accompagnata dai rossi saturi d'un tramonto che pare essere una metafora del crepuscolo di quell'età magica, l'età che pareva a noi patrizi non sarebbe mai tramontata.
E invece, si avvicina la sera, piano - e forse anche tu scorgi intorno la stanchezza, la grandezza, la nostalgia.
7min

to Villa Thiene
2,0 km
6 min
L'ennesimo albero genealogico che si espanse in questa zona, fu quello della famiglia Benzi.
Costoro risultavano essere dei proprietari terrieri sin dalla mia epoca.
Successivamente, nel '700, tre fratelli della famiglia ereditarono ciascuno un terzo della proprietà che sarebbe stata costruita come casa domenicale, con tanto di granaio, caneva e brolo.
In tutti questi anni, nessuno ha mai saputo chi abbia avuto la volontà di fare costruire questa villa, tanto meno chi l'abbia progettata, ma io so per certo che sarebbe stata affrescata dal così chiamato Pittochetto, un pittore che avrebbe lavorato a Padova e Venezia durante la fase finale della storia della Serenissima.
Tra le stanze, mi colpisce, nel pavimento d'un salotto, lo stemma dei Benzi che riporta la scritta “Pellegrinazio et milizia”.
Per “milizia” s'intende il fatto che, tra i Benzi, vi fossero molti capitani militari, perlopiù capitani di mare, come suggeriscono le ostriche nello stemma.
​
L'essenza stessa di Venezia. Per San Marco!
7min

to Villa Tacchi di Quinto
0,6 km
2 min
La vita è come un fiume ed io, percorrendo il Naviglio, sto rivisitandola.
La mia infanzia è stata solitaria e segnata da una progressiva serie d'amarezze, tant'è che l'unico mio fratello morì quand'era solo un bambino... Mio padre era Jacopo Foscari, lo sventurato figlio del famoso doge veneziano Francesco Foscari. Solo nei primi anni della mia vita potei conoscerlo; ricordo che eravamo una famiglia “da salotto”, molto ricca, ma ricca anche di traversie. Quando avevo dieci anni, mio padre scomparve.
​
E poi? Chi avrebbe mai detto, nella mia gioventù, che un giorno sarei entrato a far parte degli elettori del doge e tra i membri del Consiglio dei dieci? Ebbene sì; anche io facevo parte di quello che si poteva chiamare il patriziato di Venezia.
Cos' anche io, come moltissimi altri nobili, del resto, ero solito trasferirmi in campagna, con ciclica cadenza. C'è chi si è ritirato in campagna per sfuggire alla peste, in taluni oscuri periodi che la Serenissima ha veduto, ma non era certo il mio caso.
Ma lo scopo vero della villeggiatura era un solenne, infinito imperativo a godere.
Così fu anche per le generazioni successive, dopo la mia morte. Ancor più forse.
La lenta decadenza di Venezia venne vestita a festa, e il seicento e il settecento vantano forse il patrimonio più ricco.
E l'ultimo secondo della nostra Repubblica, fu all'insegna d'una vita dedita al divertimento e all'ostentazione. Simbolo di tutto ciò, divennero le feste che, organizzate all'interno di queste ville sorte lungo la Riviera del Brenta, erano solite durare anche più d'un giorno.
E allora era necessario dare ospitalità agli invitati, ma il palazzo di famiglia era sufficiente solo per i famigliari.
E si sceglieva dunque di trasformare le barchesse della villa nelle “foresterie”, adibite per accogliere i “foresti”, ossia i parenti e gli amici, al fine d'assolvere quest'esigenza.
I balli, i pranzi, le cene, gli incontri nuovi, le mascherate, fino alla fine. Fino alla fine.
​
Eh sì, siamo giunti alla fine di questa storia, e alla fine di questa giornata.
Nobiltà ci ha dunque accompagnati, e io le sono grato, chè ci ha mostrato senza riserve i luoghi in cui ha dimorato con grande gioia e leggerezza.
Un brindisi alla Riviera, a San Marco e a Venezia!
7min

to 12B
6,1 km
18 min
La vita è come un fiume ed io, percorrendo il Naviglio, sto rivisitandola.
La mia infanzia è stata solitaria e segnata da una progressiva serie d'amarezze, tant'è che l'unico mio fratello morì quand'era solo un bambino... Mio padre era Jacopo Foscari, lo sventurato figlio del famoso doge veneziano Francesco Foscari. Solo nei primi anni della mia vita potei conoscerlo; ricordo che eravamo una famiglia “da salotto”, molto ricca, ma ricca anche di traversie. Quando avevo dieci anni, mio padre scomparve.
​
E poi? Chi avrebbe mai detto, nella mia gioventù, che un giorno sarei entrato a far parte degli elettori del doge e tra i membri del Consiglio dei dieci? Ebbene sì; anche io facevo parte di quello che si poteva chiamare il patriziato di Venezia.
Cos' anche io, come moltissimi altri nobili, del resto, ero solito trasferirmi in campagna, con ciclica cadenza. C'è chi si è ritirato in campagna per sfuggire alla peste, in taluni oscuri periodi che la Serenissima ha veduto, ma non era certo il mio caso.
Ma lo scopo vero della villeggiatura era un solenne, infinito imperativo a godere.
Così fu anche per le generazioni successive, dopo la mia morte. Ancor più forse.
La lenta decadenza di Venezia venne vestita a festa, e il seicento e il settecento vantano forse il patrimonio più ricco.
E l'ultimo secondo della nostra Repubblica, fu all'insegna d'una vita dedita al divertimento e all'ostentazione. Simbolo di tutto ciò, divennero le feste che, organizzate all'interno di queste ville sorte lungo la Riviera del Brenta, erano solite durare anche più d'un giorno.
E allora era necessario dare ospitalità agli invitati, ma il palazzo di famiglia era sufficiente solo per i famigliari.
E si sceglieva dunque di trasformare le barchesse della villa nelle “foresterie”, adibite per accogliere i “foresti”, ossia i parenti e gli amici, al fine d'assolvere quest'esigenza.
I balli, i pranzi, le cene, gli incontri nuovi, le mascherate, fino alla fine. Fino alla fine.
​
Eh sì, siamo giunti alla fine di questa storia, e alla fine di questa giornata.
Nobiltà ci ha dunque accompagnati, e io le sono grato, chè ci ha mostrato senza riserve i luoghi in cui ha dimorato con grande gioia e leggerezza.
Un brindisi alla Riviera, a San Marco e a Venezia!
7min

to 14B
1,7 km
5 min
La vita è come un fiume ed io, percorrendo il Naviglio, sto rivisitandola.
La mia infanzia è stata solitaria e segnata da una progressiva serie d'amarezze, tant'è che l'unico mio fratello morì quand'era solo un bambino... Mio padre era Jacopo Foscari, lo sventurato figlio del famoso doge veneziano Francesco Foscari. Solo nei primi anni della mia vita potei conoscerlo; ricordo che eravamo una famiglia “da salotto”, molto ricca, ma ricca anche di traversie. Quando avevo dieci anni, mio padre scomparve.
​
E poi? Chi avrebbe mai detto, nella mia gioventù, che un giorno sarei entrato a far parte degli elettori del doge e tra i membri del Consiglio dei dieci? Ebbene sì; anche io facevo parte di quello che si poteva chiamare il patriziato di Venezia.
Cos' anche io, come moltissimi altri nobili, del resto, ero solito trasferirmi in campagna, con ciclica cadenza. C'è chi si è ritirato in campagna per sfuggire alla peste, in taluni oscuri periodi che la Serenissima ha veduto, ma non era certo il mio caso.
Ma lo scopo vero della villeggiatura era un solenne, infinito imperativo a godere.
Così fu anche per le generazioni successive, dopo la mia morte. Ancor più forse.
La lenta decadenza di Venezia venne vestita a festa, e il seicento e il settecento vantano forse il patrimonio più ricco.
E l'ultimo secondo della nostra Repubblica, fu all'insegna d'una vita dedita al divertimento e all'ostentazione. Simbolo di tutto ciò, divennero le feste che, organizzate all'interno di queste ville sorte lungo la Riviera del Brenta, erano solite durare anche più d'un giorno.
E allora era necessario dare ospitalità agli invitati, ma il palazzo di famiglia era sufficiente solo per i famigliari.
E si sceglieva dunque di trasformare le barchesse della villa nelle “foresterie”, adibite per accogliere i “foresti”, ossia i parenti e gli amici, al fine d'assolvere quest'esigenza.
I balli, i pranzi, le cene, gli incontri nuovi, le mascherate, fino alla fine. Fino alla fine.
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Eh sì, siamo giunti alla fine di questa storia, e alla fine di questa giornata.
Nobiltà ci ha dunque accompagnati, e io le sono grato, chè ci ha mostrato senza riserve i luoghi in cui ha dimorato con grande gioia e leggerezza.
Un brindisi alla Riviera, a San Marco e a Venezia!
7min

da Villa Caldogno alle Risorgive
2,4 km
7 min
I Caldogno furono un'altra tra le famiglie a me più care.
Per Losco progettai questa villa di campagna, che poi sarà completata dal figlio Angelo con gli affreschi che la fanno lieve e importante al tempo.
​
Così la mia volta a botte di un ambiente termale romano diventa un Concilio degli Dei, e il salone centrale risulta retto da questi giganteschi telamoni, sotto i quali danza lieve la vita dei nobili.
Poi ecco le virtù di Scipione, e poi le storie del Pastor Fido del Guarini e dell'Aminta del Tasso.
Ecco quella Sofonisba, la prima tragedia in italiano scritta proprio da quel Giangiorgio Trissino dalla cui villa veniamo.
Ecco un'altra che al suo interno diventa la scena di una rappresentazione quotidiana, grazie al lavoro degli amici Giovanni Antonio Fasolo e Battista Zelotti ed altri.
Eravamo un gruppo di artigiani e artisti – non c'era molta differenza ai tempi tra queste due parole - molto amici tra di noi: eravamo soliti mangiare e discutere insieme, così come dove finiva la mano di uno scultore, cominciava quella di un pittore, ma se ne parlava insieme con l'architetto, persino con il fornitore del legname (anch'egli, di diletto, pittore).
​
Era questo il clima in cui collaboravamo, la mensa a cui spesso si univa anche il nobile, come in questo caso, che era competente e appassionato.
7min

to 7B
5,5 km
17 min
Se noi grandi famiglie aristocratiche veneziane eleggevamo proprio la Riviera del Brenta al luogo ove fare erigere le nostre dimore rurali, una ragione c'era.
La storia e il territorio stesso si sposano con la benedizione dell'acqua in ognuna di queste ville; è un mondo assopito, grandioso nel suo silenzio, che attende d'esser riscoperto da chi ha occhi per vedere.
​​
Potrai sentirci brindare, e potrai vederci ballare. Potrai far veleggiare la tua immaginazione tra i legni e gli ori delle nostre barche, e gioire dei colori laccati, e trasformare le facciate delle nostre ville, rimettendole a lucido prima che possano farlo i proprietari.
​
Per centinaia e centinaia d'anni è stata una diuturna, rigogliosa fioritura di sontuose case di campagna, per il nostro solo e puro piacere.
Per quella gioia di Venezia, così viva e brillante, che puoi sognare nel salone delle feste in Villa Foscarini Rossi.
I Foscarini avevano dato a Venezia un Capitano da Mar e un Doge, e allora non potevano essere da meno delle altre, non potevano non edificare la loro villa. Chiamarono l'erede del Palladio, Vincenzo Scamozzi ed altri.
E molti, nelle generazioni successive, contribuirono, come quasi sempre è avvenuto, ad accrescere la gloria della famiglia, mai fermandosi, ma sempre intraprendendo.
Eccolo allora il museo della calzatura, altra eredità dell'ingegno del nostro popolo.
7min

to 9B
1,5 km
5 min
Debbo ammettere, in tutta onestà, che tornare in questi luoghi mi procura un certo effetto e forse ancor di più quando mi ritrovo innanzi ad una chiesetta sepolcrale come quella della famiglia Conti; è essa una delle tante chiesette private a scopo sia devozionale che tombale.
Il suo stile neogotico, così anomalo ed inusuale da queste parti, mi pone in profonda soggezione.
Il tempo non è stato così gentile con questa piccola cappella, ma proprio questo suo fascino decadente le conferisce una bellezza singolare, che la distacca in modo esemplare dal resto delle strutture di questa riviera; se le ville sono così raggianti e ridenti, questa piccola costruzione riserba il timore d'un preciso mistero: quello della morte, per il quale anche la famiglia Conti risulta essersi preparata a dovere.
Ogni famiglia patrizia che si rispetti possedeva il proprio sepolcro, poiché non importa a che ceto sociale si appartiene durante la vita; quando la partita è finita, il re e il pedone finiscono in effetti nella medesima scatola.
Tuttavia, per la memoria è diverso.
​
Vi è memoria e memoria.
7min

to Villa Ghislanzoni Curti
3,1 km
9 min
La vita è come un fiume ed io, percorrendo il Naviglio, sto rivisitandola.
La mia infanzia è stata solitaria e segnata da una progressiva serie d'amarezze, tant'è che l'unico mio fratello morì quand'era solo un bambino... Mio padre era Jacopo Foscari, lo sventurato figlio del famoso doge veneziano Francesco Foscari. Solo nei primi anni della mia vita potei conoscerlo; ricordo che eravamo una famiglia “da salotto”, molto ricca, ma ricca anche di traversie. Quando avevo dieci anni, mio padre scomparve.
​
E poi? Chi avrebbe mai detto, nella mia gioventù, che un giorno sarei entrato a far parte degli elettori del doge e tra i membri del Consiglio dei dieci? Ebbene sì; anche io facevo parte di quello che si poteva chiamare il patriziato di Venezia.
Cos' anche io, come moltissimi altri nobili, del resto, ero solito trasferirmi in campagna, con ciclica cadenza. C'è chi si è ritirato in campagna per sfuggire alla peste, in taluni oscuri periodi che la Serenissima ha veduto, ma non era certo il mio caso.
Ma lo scopo vero della villeggiatura era un solenne, infinito imperativo a godere.
Così fu anche per le generazioni successive, dopo la mia morte. Ancor più forse.
La lenta decadenza di Venezia venne vestita a festa, e il seicento e il settecento vantano forse il patrimonio più ricco.
E l'ultimo secondo della nostra Repubblica, fu all'insegna d'una vita dedita al divertimento e all'ostentazione. Simbolo di tutto ciò, divennero le feste che, organizzate all'interno di queste ville sorte lungo la Riviera del Brenta, erano solite durare anche più d'un giorno.
E allora era necessario dare ospitalità agli invitati, ma il palazzo di famiglia era sufficiente solo per i famigliari.
E si sceglieva dunque di trasformare le barchesse della villa nelle “foresterie”, adibite per accogliere i “foresti”, ossia i parenti e gli amici, al fine d'assolvere quest'esigenza.
I balli, i pranzi, le cene, gli incontri nuovi, le mascherate, fino alla fine. Fino alla fine.
​
Eh sì, siamo giunti alla fine di questa storia, e alla fine di questa giornata.
Nobiltà ci ha dunque accompagnati, e io le sono grato, chè ci ha mostrato senza riserve i luoghi in cui ha dimorato con grande gioia e leggerezza.
Un brindisi alla Riviera, a San Marco e a Venezia!
7min

to Fiume Tesina
1,9 km
6 min
La vita è come un fiume ed io, percorrendo il Naviglio, sto rivisitandola.
La mia infanzia è stata solitaria e segnata da una progressiva serie d'amarezze, tant'è che l'unico mio fratello morì quand'era solo un bambino... Mio padre era Jacopo Foscari, lo sventurato figlio del famoso doge veneziano Francesco Foscari. Solo nei primi anni della mia vita potei conoscerlo; ricordo che eravamo una famiglia “da salotto”, molto ricca, ma ricca anche di traversie. Quando avevo dieci anni, mio padre scomparve.
​
E poi? Chi avrebbe mai detto, nella mia gioventù, che un giorno sarei entrato a far parte degli elettori del doge e tra i membri del Consiglio dei dieci? Ebbene sì; anche io facevo parte di quello che si poteva chiamare il patriziato di Venezia.
Cos' anche io, come moltissimi altri nobili, del resto, ero solito trasferirmi in campagna, con ciclica cadenza. C'è chi si è ritirato in campagna per sfuggire alla peste, in taluni oscuri periodi che la Serenissima ha veduto, ma non era certo il mio caso.
Ma lo scopo vero della villeggiatura era un solenne, infinito imperativo a godere.
Così fu anche per le generazioni successive, dopo la mia morte. Ancor più forse.
La lenta decadenza di Venezia venne vestita a festa, e il seicento e il settecento vantano forse il patrimonio più ricco.
E l'ultimo secondo della nostra Repubblica, fu all'insegna d'una vita dedita al divertimento e all'ostentazione. Simbolo di tutto ciò, divennero le feste che, organizzate all'interno di queste ville sorte lungo la Riviera del Brenta, erano solite durare anche più d'un giorno.
E allora era necessario dare ospitalità agli invitati, ma il palazzo di famiglia era sufficiente solo per i famigliari.
E si sceglieva dunque di trasformare le barchesse della villa nelle “foresterie”, adibite per accogliere i “foresti”, ossia i parenti e gli amici, al fine d'assolvere quest'esigenza.
I balli, i pranzi, le cene, gli incontri nuovi, le mascherate, fino alla fine. Fino alla fine.
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Eh sì, siamo giunti alla fine di questa storia, e alla fine di questa giornata.
Nobiltà ci ha dunque accompagnati, e io le sono grato, chè ci ha mostrato senza riserve i luoghi in cui ha dimorato con grande gioia e leggerezza.
Un brindisi alla Riviera, a San Marco e a Venezia!
7min

to End of the Tour
0,9 km
3 min
La vita è come un fiume ed io, percorrendo il Naviglio, sto rivisitandola.
La mia infanzia è stata solitaria e segnata da una progressiva serie d'amarezze, tant'è che l'unico mio fratello morì quand'era solo un bambino... Mio padre era Jacopo Foscari, lo sventurato figlio del famoso doge veneziano Francesco Foscari. Solo nei primi anni della mia vita potei conoscerlo; ricordo che eravamo una famiglia “da salotto”, molto ricca, ma ricca anche di traversie. Quando avevo dieci anni, mio padre scomparve.
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E poi? Chi avrebbe mai detto, nella mia gioventù, che un giorno sarei entrato a far parte degli elettori del doge e tra i membri del Consiglio dei dieci? Ebbene sì; anche io facevo parte di quello che si poteva chiamare il patriziato di Venezia.
Cos' anche io, come moltissimi altri nobili, del resto, ero solito trasferirmi in campagna, con ciclica cadenza. C'è chi si è ritirato in campagna per sfuggire alla peste, in taluni oscuri periodi che la Serenissima ha veduto, ma non era certo il mio caso.
Ma lo scopo vero della villeggiatura era un solenne, infinito imperativo a godere.
Così fu anche per le generazioni successive, dopo la mia morte. Ancor più forse.
La lenta decadenza di Venezia venne vestita a festa, e il seicento e il settecento vantano forse il patrimonio più ricco.
E l'ultimo secondo della nostra Repubblica, fu all'insegna d'una vita dedita al divertimento e all'ostentazione. Simbolo di tutto ciò, divennero le feste che, organizzate all'interno di queste ville sorte lungo la Riviera del Brenta, erano solite durare anche più d'un giorno.
E allora era necessario dare ospitalità agli invitati, ma il palazzo di famiglia era sufficiente solo per i famigliari.
E si sceglieva dunque di trasformare le barchesse della villa nelle “foresterie”, adibite per accogliere i “foresti”, ossia i parenti e gli amici, al fine d'assolvere quest'esigenza.
I balli, i pranzi, le cene, gli incontri nuovi, le mascherate, fino alla fine. Fino alla fine.
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Eh sì, siamo giunti alla fine di questa storia, e alla fine di questa giornata.
Nobiltà ci ha dunque accompagnati, e io le sono grato, chè ci ha mostrato senza riserve i luoghi in cui ha dimorato con grande gioia e leggerezza.
Un brindisi alla Riviera, a San Marco e a Venezia!